Nella cultura rurale, più che di liquame, che è la combinazione di feci e urine, si parlava di letame, ossia deiezioni miste a lettiere, generalmente di paglia. Il letame era considerato un materiale di grande valore, utile per arricchire di sostanza organica e nutrienti il terreno coltivabile. Tra gli allevamenti e i terreni agricoli esiste un legame profondo, tanto che è difficile pensare a un’agricoltura completamente indipendente dall’allevamento. L’intensificazione degli allevamenti bovini e bufalini ha adottato prevalentemente il modello della “stalla libera con cuccette”, le cui dimensioni sono cresciute negli anni, soprattutto nelle pianure irrigue come quella Padana, ma non solo. Queste stalle non producono più letame ma liquame, un “sottoprodotto” utilizzabile sia direttamente come fertilizzante che per alimentare impianti di biogas per la produzione di metano.
Nei risultati analitici del Laboratorio Analisi Zootecniche di Gonzaga, pubblicati nell’edizione 2.2 (2021) del Libro delle Analisi, si può notare la ricchezza di azoto, fibra digeribile e minerali di questo materiale, che è quindi riduttivo definire solo un “rifiuto”.
Il liquame è considerato un problema per il suo elevato potere inquinante sia per le acque superficiali che sotterranee e per l’atmosfera. La legislazione vigente impone lo stoccaggio del liquame in vasche impermeabili di ampia capacità in modo da poterlo spargere nei campi secondo piani specifici di distribuzione. Il liquame può rimanere stoccato per diversi mesi e spesso questi bacini sono a cielo aperto, e quindi fonte di pericolosi gas a effetto serra come metano, protossido d’azoto e anidride carbonica. Questi emettono anche ammoniaca, implicata nell’acidificazione dei suoli e nella produzione di polveri sottili (PM 10 e 2.5).
Come mostrato nell’infografica di ISPRA, le emissioni di gas serra dalla gestione delle deiezioni rappresentano il 18.8% del totale, mentre le emissioni enteriche il 47%.
Tuttavia, alcune precauzioni possono migliorare notevolmente il rischio ambientale. L’azienda SOP offre un additivo, il SOP® Lagoon, che riduce del 100% l’emissione di ammoniaca dai bacini di stoccaggio, del 21,5% quella di metano, del 100% quella di ossido nitrico e del 22% quella di anidride carbonica.
Una soluzione adottabile è anche quella di coprire le vasche di stoccaggio del liquame in attesa di spargimento, così come quelle di pre-stoccaggio prima degli impianti di biogas. Antonini Due A offre coperture per questi bacini che possono essere sia galleggianti che in telo “coniche”.
AGROLABO ha recentemente introdotto sul mercato un nuovo prodotto, il BioFas 99, che affianca l’AnaBio (acceleratore fermentativo per la produzione di biogas). BioFas 99 può essere definito come un catalizzatore biologico batterico enzimatico complesso per la riduzione e trasformazione dell’azoto, la deodorazione, la depurazione e l’umificazione delle biomasse organiche. Il prodotto viene applicato direttamente sulle griglie e nei bacini di raccolta per accelerare la fermentazione naturale, preparando la biomassa all’uso per la produzione di biogas, oltre a promuovere la riduzione delle schiume e degli odori putrefattivi intervenendo efficacemente nel catabolismo della putrescina e della cadaverina.
Il liquame, se valorizzato in impianti di biogas, diventa una fonte importante sia di reddito che di claim utilizzabili nelle etichette e nella comunicazione dei prodotti lattiero-caseari, al fine di migliorare i rapporti con l’opinione pubblica e aumentare.